Immobilismo della CEI sul problema degli abusi

I vescovi cominciano a capire che qualcosa devono fare, ma confermano il NO alla Commissione indipendente sugli abusi del clero pedofilo e il SI ad alcuni vecchi pregiudizi. Interviste di Bassetti e Castellucci

Le recenti Commissioni indipendenti sugli abusi sessuali dei preti pedofili in Germania e Francia non sono state contestate nel merito di quanto accertato e sono diventate fatto di grande rilievo agli occhi dell’opinione pubblica interna e internazionale, nel mondo cattolico e fuori. Anche i vescovi italiani se ne sono accorti dopo anni in cui hanno preso tempo sulla necessità di accertare i fatti in Italia, intervenendo solo raramente e cercando motivazioni e giustificazioni del tutto deboli. “Noi Siamo Chiesa” ne ha scritto ripetutamente.

Le poche righe del comunicato del Consiglio Episcopale Permanente della CEI del 24 gennaio, che abbiamo commentato criticamente nel nostro testo del 31/I, non sono state evidentemente sufficienti a permettere di capire la linea dei vescovi se il Card. Bassetti ha concesso un’intervista, solo su questa questione, al “Corriere della sera” domenica 30 a tutta pagina. L’aspetto positivo di essa è la constatazione che, per i vescovi, il problema esiste ed è serio e che finalmente si parli dell’abuso non solo come “peccato”, ma anche come “reato”. Poi Bassetti non ha detto quello che ci aspettavamo sulla necessità di una commissione indipendente di accertamento dei fatti; ha invece ripetuto un vecchio mantra sulla “differenza strutturale, culturale ed ecclesiale della situazione italiana, a partire dal fatto che ci sono molte diocesi”. Questa affermazione corrisponde alla vecchia convinzione di tanti vescovi sulla “diversità italiana” rispetto ad altre realtà cattoliche in Europa e fuori. Bisognerebbe però motivarla perché dalla cronaca quotidiana non appare una scarsa o nulla presenza di preti pedofili nel nostro paese. Poi bizzarra ci sembra la difficoltà relativa al numero delle diocesi. Bassetti spiega che bisogna pervenire a numeri reali, effettivi, non con statistiche o proiezioni, ma con dati raccolti “dal basso”, dalle Chiese locali e mediante l’opera dei servizi diocesani di tutela dei minori e dei centri di ascolto. Ma Bassetti a domanda esplicita su cosa pensi dei report di Germania e di Francia non risponde e ripete la necessità di avere “dati ed elementi effettivi”, facendo capire il suo sospetto su quelle commissioni di indagine. Ma ci chiediamo se i dati ottenuti dal basso sono credibili tali e tante sono già apparse le coperture degli abusi emerse nelle realtà diocesane. Solo dei soggetti indipendenti hanno l’autorità per indagare veramente. Infine il cardinale sostiene che “giustizia non è giustizialismo”. È la fotocopia del comunicato che dice “la ricerca della giustizia nella verità non accetta giudizi sommari”. Queste affermazioni esprimono una corrente della Chiesa cattolica convinta che ci sia un’ostilità, non sempre evidente, nei suoi confronti da parte dei media e di aree politiche e culturale “laiche” tale da penalizzare i preti incriminati e da enfatizzare tutte queste vicende. Noi siamo di un’altra opinione, non ci sono complotti o manovre. Riteniamo invece che i fatti di pedofilia nel nostro Paese non riescano ad avere lo spazio che meriterebbero, che solo minoranze ristrette vadano controcorrente e che molte strutture ecclesiali, per responsabilità di un certo numero di vescovi, tacciono o conniventi o imbarazzate, arrivando a commettere “il peccato collettivo dei vescovi” per la loro colpevole inerzia e per loro difesa dell’immagine dell’istituzione di cui abbiamo ripetutamente scritto.

A ruota dell’intervento di Bassetti, il giorno dopo, 1 febbraio, sul “Quotidiano Nazionale”, è uscita una intervista ad Erio Castellucci, nuovo vicepresidente della CEI e vescovo di Modena; egli si dimostra un po’ più aperto, c’è quasi un lieve aggiustamento della linea che testimonia che esiste un confronto interno sulla decisione di avviare uno studio sulla pedofilia, difficile da realizzare per la forma da dargli e che sarà deciso “salvo sorprese” nell’assemblea di maggio. “Molti casi si consumano in ambienti diversi da quelli ecclesiastici”. Tutte le realtà giovanili potranno essere coinvolte nell’ipotesi di una commissione indipendente per offrire un quadro ampio sulla pedofilia in Italia. Ma questo non è quello che ipotizziamo e che riguarda gli abusi dei preti pedofili, una struttura di indagine simile a quella francese e con una forte presenza di donne e di vittime. Il confondere gli abusi del clero con il problema generale della pedofilia è uno dei metodi usati in passato in ambito ecclesiastico per cercare giustificazioni ed attenuazioni sulla gravità dei fatti. Anche Castellucci non è sincero e copre l’istituzione quando, alla fine dell’intervista, dice che “ogni caso di abuso di minori viene trasmesso alla Congregazione per la Dottrina della Fede e segnalato alla Procura”. Ciò è falso, da sempre il prete pedofilo viene salvato dall’autorità giudiziaria anche grazie all’art. 4 del Concordato (salvo ovviamente che non sia denunciato dalla vittima o che i fatti emergano altrimenti). A oggi non si conoscono veri interventi presso la magistratura.

Bassetti, infine, enfatizza le strutture diocesane sulla formazione e la selezione del clero e degli operatori pastorali di cui la CEI si sta occupando sostenendo che “la Chiesa sta lavorando da anni sulla prevenzione e sull’ascolto”, fatto che viene contraddetto da chi ha un contatto reale con le vittime e con i loro racconti. I vescovi stanno continuando a perdere l’occasione per fare una svolta nella gestione di questo aspetto vergognoso della Chiesa, che suscita ribrezzo nella totalità dei credenti del nostro Paese (clero compreso). La Conferenza Episcopale Italiana, insieme a quella spagnola, è la più arretrata in Europa e la comunità cristiana può veramente sperare che il percorso sinodale avviato serva a rovesciare l’attuale andamento delle cose.

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