È passato ormai un anno dalla tragica notte tra il 25 e il 26 febbraio, quando un’imbarcazione di legno è stata travolta dalle onde e distrutta a pochi metri dalla costa di Cutro, in Calabria. A bordo c’erano 180 persone provenienti principalmente dall’Iran, dall’Afghanistan, dal Pakistan e dalla Siria, che avevano preso il largo da Çeşme, in Turchia. Dei 180 passeggeri partiti, in 94 sono morti, tra cui 34 bambini.
Il naufragio, che è avvenuto quasi alla vista della terraferma, ha ovviamente subito sollevato polemiche sulle responsabilità delle istituzioni, con particolare attenzione agli interventi di soccorso mancati, tema su cui la procura di Crotone ha aperto un’indagine.
Oltre alle inchieste legali, ci si è domandato come le politiche nazionali ed europee abbiano influenzato il sistema di ricerca e soccorso, spesso orientato a fermare le partenze dei migranti piuttosto che garantire un effettivo salvataggio in mare. Dopo il naufragio di Cutro, Amnesty International aveva chiesto una revisione delle procedure di ricerca e salvataggio.
Le mosse del governo
Un anno dopo la tragedia il ministro Piantedosi ha portato un mazzo di fiori sulla tomba di Alì, il più piccolo dei naufraghi. Nei giorni successivi al 26 febbraio il Ministro aveva dichiarato: “La disperazione non giustifica i viaggi che mettono in pericolo i figli. Io penso che il messaggio debba essere chiaro: chi scappa da una guerra non deve affidarsi a scafisti senza scrupoli, devono essere politiche responsabili e solidali degli Stati ad offrire la via di uscita al loro dramma”.
Pochi giorni dopo il naufragio infatti, il governo ha convocato una conferenza stampa a Cutro al termine del Consiglio dei Ministri, il 9 marzo. Circa due mesi dopo, la Camera ha approvato il decreto Cutro sulla gestione dei flussi migratori, il quale prevede pene più severe per coloro che cercano di raggiungere l’Italia via mare in modo irregolare, oltre a rendere più difficile la permanenza nel paese per chiunque desideri farlo.
I dubbi su quella notte
Tornando alla terribile notte tra il 25 e il 26 febbraio, una delle questioni principali riguarda il motivo per cui, nonostante la segnalazione dell’agenzia europea per le frontiere trasmessa alle autorità italiane alle 23.03, non sia stata avviata un’operazione di ricerca e soccorso in mare. I primi a raggiungere la spiaggia all’alba e ad accorgersi dell’accaduto sono stati i pescatori: questo solleva interrogativi sulle tempistiche e sulle procedure seguite. Su quanto è accaduto a Cutro sono in corso le inchieste, al momento uno degli scafisti, Gun Ufuk, è stato condannato, con il rito abbreviato, a 20 anni di reclusione. Per gli altri tre Sami Fuat, turco di 50 anni, Khalid Arslan, 25 e Ishaq Hassnan 22 anni, entrambi pakistani, sono in corso i processi.
Il 2023 è stato un anno nero per il Mediterraneo centrale, con oltre 2500 persone morte in mare. Nei primi due mesi del 2024, quasi 100 persone hanno perso la vita lungo questa rotta, con una spaventosa media di quattro morti al giorno. Il 2023 è stato un anno da record, considerando come in Italia siano arrivate 155.754 persone. Numeri che indicano come l’arrivo di migranti sia aumentato esponenzialmente: nel 2022 erano stati 103.846, mentre nel 2021 67.040.