Notiziario on line del Coordinamento per la laicità della scuola
Editoriale:
DOCUMENTI DI AMPIO RESPIRO PER RESPIRARE MEGLIO
Quando abbiamo sentito un ministro dire che in fondo Dante è di destra (una insulsaggine che applica al nostro sommo poeta concetti politici che hanno senso da poco più di due secoli), abbiamo pensato che davvero ci vuole più scuola e, per gli adulti, Lifelong Learning.
Ma quale scuola?
Un gruppo di lavoro del Cidi di Torino, composto da una quindicina di colleghi, tra cui Domenico Chiesa e Carlo Palumbo, ha lavorato un anno e mezzo, partendo dal Manifesto del Cidi Torino Partire dal senso della scuola e ha prodotto un documento-libro: Per un lavoro emancipato e dignitoso e per una scuola che
realizzi integralmente l’essere umano e una sintesi che si intitola Scuola e lavoro: il senso dell’esperienza scolastica e il senso dell’esperienza lavorativa. Sono documenti che verranno presto messi on line con altri contributi e riflessioni.
A rischio di mutilare un discorso assai complesso e articolato –soprattutto nel documento-libro –, facciamo un taglia-incolla dal documento più breve, per darne un’idea speriamo non deformata.
A partire dal 1972 l’UNESCO e l’OCSE hanno prodotto due opposte visioni sul ruolo e sulle finalità dell’Istruzione all’interno delle società contemporanee e due narrazioni per molti aspetti
contrapposte.
L’UNESCO, che rappresenta una visione multipolare delle relazioni internazionali, ha sviluppato l’idea di istruzione o apprendimento permanente in termini umanistici ed emancipatori, per favorire la
realizzazione integrale del soggetto. Conoscenza e istruzione vanno considerati beni comuni globali, perché riguardano tutte le persone, come parte di un impegno sociale collettivo che richiede partecipazione e solidarietà.
L’OCSE ha da subito contrapposto a questa interpretazione una lettura più economica e pragmatica: l’istruzione ha il principale compito di valorizzare il capitale umano, la risorsa fondamentale per garantire competitività e crescita economica e per migliorare la condizione individuale.
I due modelli di Istruzione proposti dall’UNESCO e dall’OCSE si sono confrontati in tutti questi decenni anche nel nostro Paese, il primo è sembrato prevalere nelle coscienze comuni e nelle politiche nazionali fino agli anni Ottanta-Novanta del Novecento, poi con forza crescente è prevalso il secondo, fino ai nostri giorni.
Nel caso italiano le due concezioni si sono intrecciate e sovrapposte fino a creare un sistema confuso di culture, norme e pratiche contraddittorie e di difficile gestione da parte di istituzioni e personale della scuola.
Nel riferirsi alla cultura del lavoro si possono considerare due punti di vista:
• quello del sistema economico attuale che privilegia la ricerca di capitale umano, ovvero di persone le cui qualità siano le più adatte a valorizzare il profitto;
• quello del giovane cittadino che si affaccia al lavoro con tutte le speranze e i timori per un mondo da cui si aspetta la propria realizzazione economica e personale.
Assumendo quest’ultimo punto di vista, cosa dovrebbe offrire la scuola?
-Il periodo dell’istruzione (fino ai 16 anni) rappresenta, per tutti, il “tempo della scuola”, della formazione culturale da consolidare e rendere persistente e stabile, dell’acquisizione delle competenze culturali di base in grado di sostenere la capacita di apprendere per tutta la vita. Deve essere articolato in fasce scolari in modo da corrispondere ai bisogni formativi che caratterizzano le diverse età (0-3, 3-6, 6-11, 11-14, 14-16/19)
- Il periodo appena successivo (conclusione dell’obbligo formativo) costituisce il tempo del “confine”, dell’intreccio e della contaminazione tra i sistemi formativi (scuola, formazione professionale, formazione sul lavoro). In particolare è importante recuperare e far evolvere l’esperienza e l’elaborazione realizzate negli istituti professionali, costruendo un nuovo rapporto con gli istituti tecnici all’interno dei poli della scuola secondaria di secondo grado.
- Nella formazione per tutto l’arco della vita, nel “tempo del lavoro”, la scuola e l’università devono rimanere un punto di riferimento significativo sia a livello della riconversione professionale che dell’approfondimento culturale.
In sostanza, l’idea forte è il rilancio dell’obiettivo di un biennio fortemente unitario (alcune materie fondamentali comuni + alcune materie differenziate), con la necessità di riprogettare tutto il curricolo verticale. Il biennio della scuola secondaria di secondo grado (approvata nella legge finanziaria 2007 e subito abbandonata) rappresenta una tappa storica del processo che dall’inizio degli anni sessanta segna lo sviluppo della scuola nella direzione del suo rilancio e della sua rivalutazione come organo costituzionale. Bisogna rimetterlo al centro di riflessioni e proposte. Riservandoci di scendere prossimamente più nel merito, lo sforzo degli amici del Cidi di riprendere una progettualità di ampio respiro in un periodo depressivo in cui – per dirla con Miguel Benasayag – prevalgono lo scoraggiamento e le “passioni tristi”, deve essere accolto come un contributo molto positivo che ci auguriamo sarà oggetto di ampio dibattito non limitato agli addetti ai lavori.
c. p.
***
In evidenza:
→ Beppino Englaro: “Grazie a mia figlia è nata una legge.
L’Eluana di turno oggi ha la possibilità di non farsi
intrappolare”
A 14 anni dalla morte della figlia l'uomo ripercorre tappa dopo la
tappa la lunghissima battaglia legale per rispettare quella che era
stata in vita la volonta della figlia che a 21 anni ebbe un incidente
stradale che la ridusse in stato vegetale e senza possibilita di
ripresa.
di F. Q. | “IL Fatto Quotidiano”, 6 FEBBRAIO 2023
“Il tema universale della vita e della morte fa paura, e lo so bene.
Non a noi, perche4 abbiamo visto che ci sono cose peggiori della
morte. Ma grazie a mia figlia e nata una legge. L’Eluana di turno,
oggi, ha la possibilita di non farsi intrappolare ne4 nei meccanismi
clinici, ne4 nei meccanismi giuridici. Una svolta”. A 14 anni dalla
morte della figlia Beppino Englaro in una lunga intervista a La
Repubblica ripercorre tappa dopo la tappa la lunghissima
battaglia legale per rispettare quella che era stata in vita la volonta
della figlia che a 21 anni ebbe un incidente stradale che la ridusse
in stato vegetale e senza possibilita di ripresa.
“Per arrivare alla Corte di Cassazione noi abbiamo speso 15 anni e
9 mesi: 5.750 giorni” ricorda Englaro che sottolinea come la
famiglia non abbia mai avuto scelta se non combattere. “Perchè
non ci hanno dato scampo. Noi rivendicavamo una liberta, un
diritto fondamentale. Ma eravamo come due randagi che
abbaiavano alla luna, e abbiamo preso atto che la medicina non
serve la persona, ma e al servizio della non morte. Davanti a uno
stato vegetativo permanente, dice che non e ne4 una morte
celebrale ne4 uno stadio terminale; per i medici quella e vita a tutti
gli effetti”. Uno stato che non e piu vita ma neanche ancora morte:
“Non so come definirla, ma so che non si puo creare una
condizione di vita estranea al modo di concepire l’esistenza, e poi
condannare uno a vivere così, comunque”.
Ma non per questo la famiglia ha pensato a sotterfugi: “No, perche4
abbiamo sempre detto che il tutto doveva finire nella legalita e
dentro la societa, senza nascondigli e furbizie”. La liberta di Eluana
e il suo diritto al rispetto delle volonta espresse in piu occasione e
quando un amico era stato coinvolto in un incidente dovevano
essere salvaguardate: “Torniamo sempre al grande amore fra di
noi. EH quel che ci ha portati quasi a impazzire dal dolore, nel
vedere una creatura ridotta in quelle condizioni e non riuscire a
venirne a capo, pur agendo nella legalita e dentro la liberta“.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/02/06/beppino-
englaro-grazie-a-mia-figlia-e-nata-una-legge-leluana-di-
turno-oggi-ha-la-possibilita-di-non-farsi-intrappolare/
7014651/
Vedi anche:
La scelta di Beppino Englaro - Puntata del 06/02/2023 -
RaiPlay
***
→ LA PEDOFILIA NELLA CHIESA CATTOLICA
Di Ileana Montini | ITALIALAICA.IT | 07.02.2023
Trentanove sono le pagine dello speciale pubblicato dal quotidiano
“Domani” il 6 gennaio sulla pedofilia nella Chiesa Cattolica, con un
dettagliato riferimento alla situazione italiana. Il direttore Stefano
Feltri nell’editoriale “Il momento di far cadere il muro dell’omerta”
accusa esplicitamente la Chiesa italiana di trattare ancora gli abusi
e le violenze come un mero problema interno, al massimo
reputazionale. Senza mezzi termini scrive che e un vero problema
istituzionale che genera un esplicito interrogativo: la Chiesa
seleziona persone propense a violenze e abusi?
Il dossier nasce dall’idea delle inchieste finanziate dai lettori: a
ogni euro donato dai lettori il giornale ne aggiungeva un altro. Una
le carte processuali e sentito le vittime.
Qualche dato statistico aiuta a orientarsi: nel Rapporto John Jay
pubblicato nel 2011 si legge che negli USA la percentuale degli
abusatori e del 5,9 per cento, mentre –altro esempio- in Australia i
preti abusatori arrivano al 7,9 per cento e in Germania tra i
membri del clero il 5,1. Riguardo al genere degli abusati l’81 per
cento sono maschi, di cui il 78 per cento adolescenti tra gli 11 e i
17 anni.
E la comparazione tra preti cattolici e personale religioso di altre
confessioni cristiane? Il rapporto australiano afferma che il 62,7
per cento riguarda un contesto cattolico, mentre negli altri gruppi,
come nel caso degli anglicani, si registra un 17,1 per cento.
La buona notizia, sempre secondo il rapporto australiano, e la
diminuzione - in ambito cattolico - del fenomeno, presumibilmente
a seguito della riduzione del numero dei fedeli che ricorrono al
sacramento della confessione, della quasi scomparsa dei
chierichetti e anche della riduzione del numero dei presbiteri a
favore dei laici.
E l’Italia? Reticenze e omerta sembrano sempre caratterizzare la
Chiesa italiana.
Il primo report della Cei sugli abusi sui minori si occupa soltanto
delle segnalazioni arrivate ai centri di ascolto delle diocesi nel
2020 e 2021, ovvero 158 diocesi su 226!
Alla presentazione del primo report era assente il cardinale Zuppi,
presidente della Cei con una scusa giudicata risibile.
D’altronde la Chiesa italiana, a differenza della francese, non ha
voluto affidare l’inchiesta a soggetti terzi e indipendenti.
Un podcast, La bomba, curato da Alvise Armellini e Iacopo
Scaramuzzi, uscito a giugno 2022, descrive bene la tendenza
all’omerta della Chiesa. Alvise Armellini: “Proviamo ad andare
comunque al punto. Quanti sono i preti pedofili in Italia? Come
abbiamo detto non esistono cifre ufficiali, ma si puo stimare un
presunto tasso di pedofilia nel clero intorno al 3-5 per cento del
totale: e un dato che viene dai risultati degli studi internazionali e
che ci e stato confermato nella sua affidabilita da Padre Hans
Zollner uno dei massimi esperti anti-pedofilia del vaticano. In
Italia operano circa 38 mila sacerdoti, ma manca il dato esatto sul
totale dal dopoguerra in poi. In ogni caso, se prendiamo per buona
la percentuale del 3-5 per cento –per alcuni sottostimata-
possiamo presumere che i preti abusatori italiani nel corso degli
ultimi decenni siano stati almeno alcune migliaia.”
[...]
Tra gli abusatori ci sono dei parroci, dei direttori di seminario e
dei prefetti, degli animatori di gruppi giovanili; seguono i vescovi
che fanno “melina” sminuendo, spostando qui e la gli orchi in
tonaca, proponendo risarcimenti simbolici alle vittime in cambio
del silenzio, usando anche la prescrizione canonica dopo
vent’anni. La somma proposta come risarcimento –con la clausola
del silenzio- non supera mai i 25 mila euro, ma fino a una decina di
anni fa fra i cinque mila e i 25 mila.
Il cardinale Zuppi non vuole l’occultamento, ma e contrario al
risarcimento per mezzo di un indennizzo. Ma se il silenzio sugli
abusi e inaccettabile, lo devono essere anche le clausole di
riservatezza per far tacere le vittime in pubblico onde evitare
l’onta del disonore sulla istituzione.
Nelle oltre trenta pagine dell’inchiesta si leggono le testimonianze
delle vittime, atto pubblico di incontestabile evidenza.
L’ARTICOLO CONTINUA QUI:
http://www.italialaica.it/news/articoli/79350
***
→ CONVEGNO SU BEPPE FENOGLIO
Da martedì 14 a venerdì 17 febbraio si terra il Convegno
Internazionale di Studi Per il Centenario di Beppe Fenoglio (1922-
1963). “Una parte per il tutto” organizzato dall’Accademia delle
Scienze e dall’Universita degli Studi di Torino in collaborazione
con la Fondazione Ferrero e il Centro Studi Beppe Fenoglio.
L’iniziativa sara aperta al pubblico in tutte le sedi previste tra
Torino e Alba.
Le giornate del 14 e 15 febbraio rientrano nelle iniziative di
formazione e aggiornamento del personale della scuola
organizzate dall’Universita di Torino, in quanto soggetto
qualificato dal MIUR ai sensi della Direttiva n. 170 del
21/03/2016. A quanti ne faranno richiesta, sara rilasciato
l’attestato di partecipazione.
Per prenotarsi:
https://www.beppefenoglio22.it/evento/per-il-centenario-di-
beppe-fenoglio-1922-1963-una-parte-per-il-tutto-convegno-
internazionale/
***
→ CIDI TORINO E OSSERVATORIO CIVICO EUROPEO IN
COLLABORAZIONE CON FNISM E ISTITUTO DI STUDI
FEDERALISTI ALTIERO SPINELLI
CEFALONIA E VENTOTENE 1943-2023
DUE ISOLE CHE HANNO ISPIRATO LA RESISTENZA E L’IDEA DI
EUROPA UNITA
Un percorso di formazione per docenti di scuola secondaria
(in particolare di storia, geografia, scienze sociali, giuridiche
ed economiche, educazione civica) collegato a quello di
cittadinanza attiva per studenti universitari e degli ultimi due
anni delle scuole superiori preparati anche attraverso lezioni
curricolari.
PRIMI APPUNTAMENTI:
Giovedì 16 marzo 2023, ore 15,30-17,30. In aula virtuale
(zoom+fb), eventualmente in una sede a Torino.
1943: l’anno della svolta nella lotta al nazifascismo. Cefalonia e
Ventotene, due isole che hanno ispirato la Resistenza e l’idea di
Europa unita.
Ne parlano Marco Cuzzi (UNIMI) e Carlo Palumbo (CIDI To e OCE),
a confronto con docenti e studenti.
Giovedì 23 marzo 2023, ore 15,30-17,30. In aula virtuale
(zoom+fb), eventualmente in una sede a Torino.
La guerra torna nel cuore dell’Europa. Quali gli strumenti necessari
per un’Europa unita davvero protagonista nella scena mondiale?
Resistenza ieri ed oggi: la partecipazione civica e la lotta per la
liberta’ da Piero Calamandrei e Stephane Hessel ai nostri tempi.
Ne parlano Costantino Ruscigno (PoliMI), Mario Leone, direttore
Istituto Studi Federalisti “Altiero Spinelli”,
Francesco Castelli, segretario MFE Lecco, a confronto con docenti
e studenti.
Giovedì 30 marzo 2023 ore 16,00-18,30. Solo per docenti, in
presenza a Torino e in aula virtuale (zoom+fb).
Fonti iconografiche/documentarie e nuove tecnologie nella ricerca
storiografica e nell’esperienza laboratoriale in classe.
Ne parlano Adolfo Mignemi (Istituto Parri Milano e UNIMORE) e
Maurizio Gusso (Presidente IRIS e Clio 92), a confronto con i
docenti.
ISCRIZIONI
***
→ GIORDANO BRUNO E LA MODERNITÀ. UN RIBELLE SENZA
RIVOLUZIONE
Venerdì 17 febbraio 2023, ore 16:00
Polo del ‘900, Palazzo San Celso – Sala conferenze - Corso Valdocco
4/A – Torino
Saluto di Bruno Segre, Associazione Libero Pensiero “Giordano
Bruno”
Intervengono
Piero Palmero e Maria Libera Garabo, docenti di Storia e filosofia
***
→ CENTRO STUDI PIERO GOBETTI
Mercoledì 22 febbraio | h. 17.30 | Polo del '900 (Sala Didattica, Via
del Carmine 14, TO)
Presentazione del libro di Alberto Pantaloni, Eric Hobsbawn
storico del lavoro, edito da Le Monnier (2022). Dalla
Rivoluzione industriale all'eta dell'oro del capitalismo, dai luddisti
ai partiti comunisti, dalla crisi del socialismo a una nuova attualita
del marxismo: la parabola storica del movimento operaio negli
studi di un maestro della storiografia.
Ne discutono con l'autore:
Aldo Agosti, Universita di Torino
Ottavia Dal Maso, Universita di Genova e
Gianfranco Ragona, Universita di Torino
Coordina Marco Scavino, Centro studi Piero Gobetti
→ SEGNALAZIONI
La storia di Elena Colombo, morta a 10 anni ad Auschwitz
La storia di Elena Colombo, una bambina ebrea torinese che, nel
1943, fu separata dai genitori a 10 anni e deportata da sola ad
Auschwitz e finora poco conosciuta: e l'unico caso documentato in
tutta la Shoah italiana.
“Pagine Ebraiche” ha pubblicato l'articolo "Elena Colombo e
l'infanzia spezzata, un segno di Memoria per la scuola".
“Repubblica” le ha dedicato un articolo lo scorso 19 gennaio dove
si puo leggere il testo della cartolina che ha inviato alla sua amica:
"Cara Bianca, devo darti una notizia meravigliosa. Oggi mi hanno
annunciato che finalmente potro raggiungere i miei genitori!
Andro anch'io nel campo tedesco dove lavorano e così li potro
rivedere e stare con loro. Non c'e bisogno che tu mandi pacchi, non
preoccuparti piu per me. Sono tanto felice! Parto domani per la
Germania".
Elena Colombo aveva poco piu di 10 anni quando scrisse queste
righe, le ultime.
Per leggere l'intero articolo cliccare al seguente link:
https://mcusercontent.com/a500070b1bff89a7fd3222bc0/files/
357aa003-cdba-f486-acad-
4fad10775626/01.19_elena_colombo_1_.pdf
***
Eleuthera ha riedito nel 2022 Elise4e Reclus, Natura e società.
Scritti di geografia sovversiva, a cura di John P. Clark (pp. 352, €
18). Un celebre detto di Reclu: (1830 -1905), grande geografo
e militante anarchico: La storia non è che la geografia nel
tempo, così come la geografia non è che la storia nello spazio.
***
"NONMOLLARE" È uscito il numero 122 del quindicinale
on line di Critica Liberale scaricabile gratis qui
***
ARCHIVIO
EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA
giurista direi due cose. Ricorderei l'art. 1 della Costituzione
romana del 1848 che diceva: "Il potere del papa e abolito". E
ricorderei anche che in una riunione del Parlamento italiano dopo
l'unificazione, quando venne proposta una questione di teologia
politica, un deputato propose una mozione che fu approvata e che
diceva: "nulla curandosi dell'infallibilita del papa, il Parlamento
passa all'ordine del giorno". Primo punto: fine della potestas
diretta o indiretta della Chiesa in temporalibus e secondo punto:
nelle questioni che riguardano la convivenza civile non c'e spazio
per nessuna forma di infallibilita, papale o di altro genere.
In Italia le cose pero avvengono sottotraccia.
In Italia non e mai stato detto chiaramente quello che e stato detto
nel 1984 dalla Conferenza Episcopale spagnola all'epoca del
governo del socialista Gonzales: la Chiesa dispone della verita e la
verita sta sopra la Costituzione e sta sopra l'ordinamento
giuridico. Forse le dichiarazioni piu impegnative in questo senso si
trovano nella Dominus Jesus della Congregazione della Fede, allora
presieduta dal cardinale Ratzinger. Ma la pretesa di disporre della
verita, non della verita che attiene alla sfera della fede ma di quelle
verita che hanno una ricaduta sui comportamenti sociali e delle
traduzioni giuridico-costituzionali, e continuamente presentata
dalla Chiesa di Roma come servizio alla comunita civile, e
presentata come offerta di valori a una societa che ne sarebbe
priva, in quanto precipitata nel relativismo e nel nichilismo.
Quando si insegna l'educazione civica si pensa che il testo di
riferimento sia la Costituzione, ma la risposta che proviene dalla
Chiesa cattolica alla domanda su cosa tiene insieme la societa e
diversa: cio che la tiene insieme e il complesso dei valori etici
secondo il punto di vista cristiano cattolico. I tempi di Bobbio sono
lontanissimi: le questioni che si dibattevano nel confronto tra laici
e clericali in fondo erano marginali, non mettevano in questione il
rapporto tra Stato e Chiesa. L'ora di religione a scuola, il
riconoscimento nell'ordinamento civile del matrimonio canonico e
delle sentenze ecclesiastiche di annullamento, il finanziamento
della scuola privata: queste erano le questioni. Oggi la Chiesa
cattolica avanza una pretesa molto piu grande, non si accontenta
di essere una istituzione che, come dice il preambolo del
Concordato del 1984, collabora con lo Stato per il bene dell'essere
umano. Oggi vuole essere la base e dare un fondamento alla
convivenza civile e pretende di controllare la vita nei suoi diversi
momenti, dalla nascita alla morte. E viene ascoltata anche perche4
la Chiesa si presenta come un deposito di certezze alle insicurezze
e alle paure che derivano dalle nuove conoscenze scientifiche e
dalle biotecnologie.
Certo non c'e nulla di veramente nuovo. Basta ricordare la
polemica di Agostino contro Varrone, il quale sosteneva che ci si rivolge alla religione per rafforzare gli stati appena fondati, sicche4
nasce una politica teologica. Per sant'Agostino, al contrario, prima
degli Stati c'e la religione e quindi la teologia politica ha la priorita
rispetto alla politica teologica. Che la religione serva a rafforzare la
convivenza civile e una tesi fondamentale di Ernst Wolfgang
Bo[ckenfo[rde, il quale nel saggio La formazione dello Stato come
processo di secolarizzazione del 1967 dice una frase famosa che e
tornata poi nel confronto tra Habermas e Ratzinger: Lo Stato
secolarizzato vive di presupposti che esso non puo garantire.
Bo[ckenfo[rde si chiede: Fino a che punto i popoli riuniti in Stati
possono vivere sulla base della sola liberta, senza un legame
unificante che preceda tale liberta? Secondo questo scritto lo Stato
basato sulla liberta e quello che garantisce a tutti di avanzare
richieste e uno Stato sociale, uno Stato del benessere, non pone
limiti alle pretese. Le risposte non potranno che alimentare altre
domande, ma c'e un limite degli Stati a soddisfare le richieste, e a
un certo punto si arriva alla crisi: quando Bo[ckenfo[rde faceva
queste affermazioni si parlava della "crisi fiscale dello Stato". Per
soddisfare le domande in tema di istruzione, sostegni, benessere
ecc. lo Stato non puo che avvolgersi nella crisi. Insomma la liberta
e disgregatrice e abbiamo bisogno di qualcosa che ponga un freno
alla liberta.
Le proposizioni di Bo[ckenfo[rde sono state interpretate in modi
diversi. Nelle ultime pagine dice che auspica una partecipazione
dei cattolici alla vita politica perche4 mettano a disposizione il loro
ethos per la rivitalizzazione dell'ethos comune. Sono pagine che
dovevano essere uno stimolo alla partecipazione dei cattolici in
Germania. Ma dicendo "precede" sembra pensare a un legame
anteriore alla stessa liberta e a un privilegio di etiche pubbliche di
ispirazione religiosa che dovrebbero permeare capillarmente la
societa. Certe affermazioni di "nuova", "sana" laicita hanno una
ispirazione di questo genere.
Negli scritti sulla democrazia di Gaetano Salvemini negli Stati
Uniti, pubblicati ora da Bollati, c'e una pagina in cui denuncia la
critica della democrazia senza aggettivi da parte dei regimi
comunista e nazifascista come malsana, cui essi contrapponevano
una democrazia "nuova" o "reale" o "sana". La sana laicita che
sentiamo oggi spesso invocare smentisce un caposaldo dello Stato
liberaldemocratico: l'equidistanza tra le varie concezioni e
posizioni. In un recente convegno svoltosi a Roma Bo[ckenfo[rde ha
detto che i non cattolici devono rassegnarsi a vivere "come nella
diaspora", cioe come ospiti in casa altrui.
Queste proposizioni sulla "sana laicita" hanno molte ricadute:
dalla richiesta di limitare l'immigrazione a persone di religione
cristiana alla pressione per introdurre nella Costituzione europea
le cosiddette "radici giudaico-cristiane". Si invoca una
legittimazione speciale a chi appartiene a un certo filone religioso
l'equidistanza dello Stato nei confronti di tutte le confessioni
religiose e dei cittadini che non professano alcuna fede religiosa,
sia l'eguaglianza di tutti i cittadini.
Noi dovremmo insistere sul fatto che il fondamento della
cittadinanza non puo essere che un fondamento che si basa sulla
liberta, cioe il modo di essere e di vivere dei cittadini non puo
essere stabilito che attraverso una discussione pubblica in cui
ognuno riversa le sue convinzioni etiche e di valore, e in cui si
assume la pluralita delle posizioni non come un difetto ma come
una ricchezza della democrazia, creando così un ethos nel quale le
nostre "verita" quando entrano nel dibattito pubblico diventano
opinioni. Questo un uomo di fede difficilmente lo ammette perche4
cio che e verita per lui ha una priorita assoluta che si trasforma
facilmente in intolleranza, e che produce anche una inevitabile
reazione di intolleranza in chi non e disposto a lasciarsi sopraffare
da queste pretese verita indisponibili. Il problema non sono i
postulati di valore che tutti hanno, credenti e non credenti, ma e
come questi diversi valori si riversano nella cittadinanza
democratica.
Questo e il compito della scuola: creare delle piccole comunita in
cui c'e un attaccamento ai propri postulati di valore, in cui non si e
rinunciatari e indifferenti, ma nello stesso tempo c'e l'abitudine ad
argomentare le proprie convinzioni in maniera tale che risultino
accettabili anche da chi parte da postulati diversi, e in cui si e
anche disposti a cambiare opinione sulla base del confronto e del
convincimento reciproco. Questa secondo me e l'essenza
dell'educazione alla cittadinanza.
Gustavo Zagrebelsky
Universita di Torino
(Intervento al Convegno organizzato dal Comitato Torinese per la
Laicita della Scuola nel 2008: Insegnare laicamente. Ambiti
disciplinari e saperi per una formazione critica).
Guido Crainz,
Ombre d’Europa. Nazionalismi, memorie, usi politici della
storia, Donzelli, Roma 2022, pp. 188, euro 19
intende affrontare la sfida antieuropea di nazionalisti e sovranisti,
che agiscono anche sul terreno della cultura, e che si basano su di
un uso politico della storia. Manca purtroppo una opinione
pubblica europea, auspicata dal filosofo Habermas, capace di
porre freni alle derive e accelerare i processi positivi, e per questo
l’attacco all’Europa da parte dei sovranisti sostenuto anche nella
scuola da un massiccio e deformato “uso politico della storia” non
ha trovato risposte adeguate. Ma e proprio dalla ricerca storica e
nell’insegnamento della storia a scuola che si puo trovare, secondo
Crainz, una alternativa a quelle narrazioni infondate capaci di
legittimare politiche aggressive basate sulle diverse memorie,
spesso incompatibili, che dividono i paesi europei
Infatti, almeno dal 2005, passata quella che viene definita
“magnifica illusione”, l’euforia che seguì il 1989, si evidenzia che ci
sono due parti di Europa eredi di due diversi Novecento. “Nella
esperienza dei padri fondatori infatti la costruzione europea era
stata la via per superare le tragedie dei nazionalismi mentre i paesi
postcomunisti uscivano da quarant’anni di dominazione sovietica
ammantata di internazionalismo.” Al rifiuto dei regimi oppressivi
nei paesi dell’Est si intrecciava l’aspirazione ad un benessere di cui
l’Occidente era simbolo. Ma in Occidente il welfare si era affermato
nel dopoguerra insieme con la democrazia, e la democrazia si era
consolidata nel corso del miracolo economico, ad Est la fine dei
regimi comunisti si accompagno ad una liberalizzazione selvaggia,
alla progressiva eliminazione delle protezioni sociali, alla
disoccupazione, alla fuga dei giovani; nasceva nel tempo un “
panico demografico” che ingigantiva le paure di imminenti immigrazioni da Africa e Medio Oriente, alimentate dalla
propaganda sovranista sulla “sostituzione etnica”. Dalla delusione
derivavano rancore e perdita di identita, che potevano portare
nella Germania dell’Est alla Ostalgie, rimpianto delle protezioni
sociali del passato, oppure alla formazione di movimenti politici di
estrema destra come “Alternative fur Deutschland”.
La scelta di Maastricht, (1992) di privilegiare la dimensione
economica, basata su stabilita dei prezzi, deficit di bilancio sotto il
3%, debito pubblico entro il 60% del Pil, portera a sottovalutare i
problemi che nasceranno dall’allargamento dell’Unione Europea a
paesi dell’Est. Manchera la riflessione sulle misure necessarie per
sanare distanze economiche e istituzionali e far dialogare
differenti eredita storiche, visioni culturali e memorie spesso
incompatibili. Dopo la crisi finanziaria del 2008 si incrina la
fiducia in un futuro comune, si rafforzano movimenti nazionalisti e
populisti, e dopo il “terribile 2015” (crisi greca, emergenza
migranti, terrorismo islamico) si diffonde anche il risentimento
verso una “Unione matrigna”. Secondo Crainz le ultime emergenze,
la pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina, costringono a
ripensare sia alla forza che ai limiti e alle questioni irrisolte
dell’Europa. La decisione del 2020 di ricorrere al Recovery Found
ha dimostrato l’importanza della solidarieta economica: se non si
fosse fatta quella scelta, non scontata, le difficolta europee
sarebbero oggi certamente maggiori. Ritorna la domanda di fondo:
quale Europa vogliamo costruire? E Crainz si chiede: quali sono le
responsabilita e i compiti della cultura? Centrali saranno le
capacita di riflettere insieme sulle ferite, i traumi, le lacerazioni
della storia europea.
A quelli che Crainz chiama “dialoghi difficili”. basati su memorie
intossicate e vendicative e alle possibili alternative e soluzioni,
viene dedicata la seconda parte del libro che affronta i
nazionalismi e gli usi pubblici della storia ma anche i tentativi in
controtendenza per costruire manuali di storia comuni, ad
esempio un manuale tedesco-polacco e uno franco-tedesco. Nel
corso e dopo la fine della Seconda guerra mondiale sono avvenuti
in Europa processi di sterminio, trasferimenti forzosi di
popolazioni, eliminazioni di minoranze che hanno cambiato il
cuore di una Europa poliglotta, multietnica e multiconfessionale.
Questi processi hanno prodotto memorie intossicate e
vittimistiche, annunciatrici di conflitti violenti. Un “dialogo di
memorie” e possibile solo se si impara a capire, come dice Crainz,
il dolore degli altri. Ma sembrano prevalere nella opinione
pubblica scelte di chiusura e contrapposizione, alimentate da
movimenti e governi nazionalisti e sovranisti.
Particolare attenzione viene dedicata ad un tema: il diverso peso
della Shoah e del Gulag nella storia del Novecento nelle memorie
dei paesi europei. Nel 2005 viene istituita la Giornata europea della memoria della Shoah, nella data del 27 gennaio, nello stesso
anno Lituania ed Estonia disertano le celebrazioni moscovite del
60° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. Per i
paesi baltici la data non e una data da festeggiare, perche4 e l’inizio
della dominazione sovietica. Secondo lo storico inglese Tony Judt il
riconoscimento dell’Olocausto e il “biglietto di ingresso” per
l’Europa, ma la consapevolezza dello stermino degli ebrei non e la
stessa in tutta l’Europa. Nei paesi post-comunisti si tende a negare
la centralita della Shoah per rimuovere la memoria della
partecipazione di parte delle popolazioni di questi paesi ai crimini
nazisti. Contemporaneamente si chiede al resto d’Europa il
riconoscimento delle “immani sofferenze e ingiustizie” subite dalle
nazioni rimaste al di la della Cortina di ferro. Ci sono stati tentativi
di risposta: il Parlamento Europeo proclama nel 2009 il 23 agosto
“Giornata Europea delle vittime del nazismo e del comunismo” (e
la data del patto Molotov-Ribbentrop) ma questa data e ignorata
in occidente. EH un chiaro esempio della difficolta dell’Europa nel
fare i conti con le sue differenti memorie.
Quello che accade in molti paesi europei, a partire dalla Russia di
Putin, ma anche in Polonia, Ungheria, in Slovacchia in Romania, in
tutti i paesi nati dalla dissoluzione della Jugoslavia e l’uso della
storia nelle scuole per animare un “patriottismo attivo” che nega le
responsabilita storiche del proprio paese, esalta le virtu nazionali
e ripropone la dicotomia “noi e gli altri”. La situazione e grave e
preoccupante, nelle scuole puo portare a cristallizzare differenti
letture del passato, che renderanno difficile per gli studenti
ragionare criticamente e partecipare ad un comune progetto
europeo di societa aperta, inclusiva e postnazionale o
transnazionale. Si puo arrivare a casi limite come, in Lettonia e in
Estonia, ad un sistema scolastico separato per i numerosi
russofoni.
Che cosa puo fare la cultura? Crainz, nell’ultimo capitolo
(Insegnare in Europa) individua due possibili percorsi che si
contrappongono a questa deriva. Uno e legato al tentativo di
creare manuali di storia con testi sintetici ed essenziali con
documenti capaci di mettere in comunicazione prospettive
molteplici, utilizzabili da paesi diversi, come il testo tedesco-
polacco e quello franco-tedesco. Nel manuale tedesco-polacco ad
esempio si affronta il tema particolarmente divisivo, delle
espulsioni delle popolazioni di lingua tedesca dai territori
riconosciuti polacchi dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Non e facile la produzione di questi testi, che permettono la
riflessione sulle differenti memorie, e la situazione e resa piu
complicata dal fatto che con l’immigrazione diventa anche
importante la presenza in Europa di cittadini europei (o in attesa
di diventarlo) che sono portatori di memorie diverse da quelle
europee.
guardando al lungo periodo e facendo storia non di guerre ma di
civilta e di scambi e di debiti nei confronti degli altri. Crainz ama
citare Stefan Zweig che negli anni trenta del secolo scorso
proponeva una storia della civilta, frutto del contributo dei diversi
popoli e della circolazione delle conquiste del sapere come unica
possibilita per sconfiggere i virulenti nazionalismi. Ci sono
ricerche storiche che vanno in quella direzione, e vengono citati
esempi nei paesi balcanici dove la questione dei confini
“sfuggenti” e delle diverse memorie e particolarmente complessa.
Qui si lavora sui diversi modi di leggere gli imperi bizantini e
ottomani per arrivare fino ad oggi, Ma di questi tentativi si parla
poco. Anche nell’Europa occidentale l’insegnamento della storia
presenta molte criticita, viene citata una ricerca sui manuali
(Pingel, Nazioni ed Europa nell’educazione scolastica, Fondazione
Agnelli, Torino 2003) in cui si afferma ”L’Europa viene vista
fondamentalmente dalle varie prospettive nazionali”. La ricerca
risale al 2003, ma la situazione non e molto cambiata. Si aggiunga
a queste difficolta il fatto che l’insegnamento della storia oggi
appare poco importante rispetto a quello di altre discipline, e su
questa trascuratezza e alle gravi conseguenze che puo avere hanno
scritto cose molto significative, in difesa della storia e contro la
rassegnazione all’oblio, storici come Adriano Prosperi e Massimo
L. Salvadori. Nonostante questi limiti e contraddizioni secondo
Crainz (autore con Angelo Bolaffi di un calendario civile europeo)
l’insegnamento della storia deve e puo svolgere un ruolo centrale
nella formazione di una rete culturale e civile transnazionale, che
possa portare ad una opinione pubblica europea, “elemento
fondamentale per dar corpo ad un futuro comune”.Non si tratta di
aggiungere pagine ai manuali, ma di ripensarli radicalmente.
Raccomandiamo questo libro di Crainz a tutti gli insegnanti di
storia.
Grazia Dalla Valle
HOMETOWN. LA STRADA DEI RICORDI
Regia di Mateusz Kudla, Anna Kokoszka-Romer
con Roman Polanski, Ryszard Horowitz, Bronislawa Horowitz Karakulska, Stanislaw Buchala.
Genere Documentario - Polonia, 2021
Durata: 75 minuti
Roman Polanski e Ryszard Horowitz, circa sei anni di differenza,
hanno frequentato lo stesso liceo artistico a Cracovia. Polanski
(1933) e nato a Parigi, Horowitz (1939) a Cracovia. Entrambe le
loro famiglie sono state testimoni della costruzione del ghetto e
delle deportazioni nei campi di concentramento dalla citta
polacca. A fine anni Cinquanta entrambi hanno lasciato la Polonia,
trovando affermazione professionale rispettivamente l'uno come
regista, l'altro come fotografo (o meglio photocomposer, come si
dichiara) negli Stati Uniti (Polanski prima in Europa). Da allora
non sono piu tornati insieme nella loro citta natale, dove, a oltre
sessant'anni di distanza, si danno appuntamento. EH l'occasione per
ricordare, anche quando non si vorrebbe, per ovvi motivi.
Tra i due uno squilibrio decisivo: a differenza dei suoi genitori,
Polanski e scampato all'esperienza della deportazione ed e stato
nascosto e affidato a famiglie diverse. Coccolato dalla sua famiglia,
Horowitz invece e stato deportato piccolissimo ad Auschwitz,
venendone poi salvato (uno dei piu giovani) da Oskar Schindler,
apparizione in Schindler's List di Steven Spielberg.
Rivedono la piazza principale della citta, luogo massimamente
evocatore di immagini, e a seguire, una sala cinematografica di
quartiere, gli appartamenti in cui hanno abitato, il cimitero dove
sono sepolti i cari, la scuola ebraica, la sinagoga, il muro della
memoria, il ghetto. Infine - con una imprevista svolta finale che
svela l'innesco di quel ritorno duro e inaudito ad anni rimossi e
mai discussi insieme - il piccolo villaggio di campagna in cui
Polanski fu accolto e nascosto da una famiglia di contadini, fino
all'arrivo degli aerei dei liberatori americani.
Kudla e Kokoszka-Romer, che firmano anche la sceneggiatura e il
montaggio del film, sanno rendersi invisibili e silenziosi, con una
misura eccezionale, mentre li precedono e seguono in una serie di
camminate, osservazioni e soste e registrano in presa diretta le
sensazioni e le informazioni che quel ritorno provoca. Rarissimi ed
estremamente rilevanti sono i momenti "in posa" davanti alla
camera, nei quali stacchi rapidi evitano qualsiasi insistenza sulle
loro reazioni emotiva. Anzi, una delle cose che salta piu all'occhio
di questo ritorno agli inferi tra giganti pari e che Polanski e
Horowitz sorridono e ridono tantissimo, opponendo senso del
paradosso umoristico, dell'oblìo e fatalismo ad un piu prevedibile
atteggiamento vittimista.
[...]
Polanski Horowitz Hometown e un saggio sublime di cinema
documentario. Un doppio ritratto che fa poesia della reciprocita e
della differenza tra due uomini che hanno fatto del racconto per
immagini la ragione di vita. Non solo ma in gran parte per
l'eccezionalita delle memorie private che Polanski affida per la
prima volta ai due registi, si dimostra una visione indispensabile
per gli ammiratori del regista di Repulsion ma consigliata a tutti i
tipi di pubblico.
Un'opera che si muove tra fantasmi, incubi e riti di passaggio
senili, come non riuscire ad aprire la maniglia di una porta. Un
lascito al mondo, con un finale luminoso ma al tempo stesso un
punto di vista molto disilluso sulla natura umana. Dice Horowitz:
"Le persone non imparano dalla storia. Non traggono nessuna
lezione. La mancanza di rispetto per le religioni diverse, per le
origini diverse o per il colore della pelle e una cosa molto crudele,
che dimostra che la storia si ripete. Tutto si ripete, dopo qualche
crudeli".
Dalla recensione di
Raffaella Giancristofaro su www. mymovies.it
https://www.mymovies.it/film/2021/hometown-la-strada-dei-
ricordi/
Notiziario on line del Coordinamento per la laicità della scuola. Redazione: Marco Chiauzza, Grazia Dalla Valle, Daniel Noffke, Cesare Pianciola, Stefano Vitale.
Fanno parte del Coordinamento: AEDE (Association Européenne des Enseignants), AGEDO, CEMEA Piemonte, CGD Piemonte, CIDI Torino, COOGEN Torino, CUB-Scuola, FNISM, Sezione di Torino "Frida Malan", MCE Torino.
Nessun commento