L’Umanità al potere
Ho conosciuto Carla Federica Nespolo, la prima donna Presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (ANPI), nell’ottobre 2016 a Volpedo durante un Forum dei Circoli Socialisti promosso da Felice Besostri insieme al politologo torinese Gian Enrico Rusconi.Ci incontrammo in Piazza Quarto Stato a Volpedo per parlare di “Germania ed Europa”, ma anche e soprattutto per tirare le fila della campagna referendaria contro la cosiddetta “Riforma costituzionale Renzi-Boschi”.
Di lì a poche settimane, il 4 dicembre 2016, dalle urne del Referendum sarebbe uscita una severa bocciatura di quel tentato stravolgimento della Legge fondamentale. In una lettera da Terni, recentemente apparsa sull’ADL, Mauro Scarpellini ci ricordava il ruolo svolto nella vicenda da una delle più grandi banche d’affari del mondo, la JP Morgan. La quale all’epoca sosteneva la necessità di cambiare la Costituzione italiana in quanto questa appariva troppo influenzata dalle idee socialiste (così nel “Report 2013” sui paesi del Sud Europa: «Constitutions tend to show a strong socialist influence»).
È qui importante sottolineare che la JP Morgan Chase si era già allora distinta in negativo tra le maggiori responsabili della “Crisi dei Subprime” scoppiata nel 2007-2008: una mega-truffa che, secondo la procura distrettuale di New York, ha gettato sul lastrico milioni di famiglie e imprese americane. Senza contare il disastro finanziario di interi stati, tra cui la Grecia e l’Irlanda, con un danno all’economia mondiale pari a circa quattromilacinquecento miliardi di dollari (stima FMI).
E non è tutto: proprio in questi giorni sta emergendo il coinvolgimento dei medesimi gentiluomini nel riciclaggio di denaro sporco. Lo denunciano gli economisti Mario Lettieri e Paolo Raimondi in un loro pezzo, che sotto riportiamo integralmente, sul ruolo delle grosse banche in questo nuovo scandalo.
«I documenti identificano le responsabilità di cinque banche globali: due americane, la JP Morgan, prima banca Usa, e la Bank of New York Mellon, due inglesi, la Hong Kong Shanghai Bank Corporation (HSBC), la maggiore banca europea, e la Standard Chartered Bank e la tedesca Deutsche Bank», osservano Lettieri e Raimondi. In sintesi: «Le transazioni sospette di riciclaggio e per altre attività illegali ammonterebbero a oltre 2.000 miliardi di dollari!»
Ebbene, di questa pasta erano fatte le “consulenze” prestate al governo italiano in vista della “Riforma Renzi-Boschi”. Tutta la vicenda fu icasticamente definita da Massimo Cacciari “una putt…”. Ma a cose fatte son bravi tutti. E dopo l’esito referendario di quel 4 dicembre 2016 (59.12% di No e 40.88% di Sì) il lazzo fu sin troppo facile. Più arduo era stato affrontare la battaglia fin dall’inizio, in condizioni di enorme inferiorità, con tutti i pronostici super-sfavorevoli.
Perché Matteo Renzi alle europee del 2014 aveva portato il suo partito a livelli stellari mietendo il 40,81% dei consensi. Aveva il vento in poppa, veniva sostenuto dal mondo finanziario, era osannato dai grandi commentatori dei grandi giornali. Genio fiorentino! Incrocio tra Machiavelli e Pico della Mirandola! Naturalmente si trattava solo di una “bolla populista” non diversa da tante altre cui abbiamo assistito in questi ultimi trent’anni. Ma lui si fingeva imbattibile e ne faceva punto d’onore “rottamare” con metodi spicci e plateali chiunque gli apparisse d’impedimento alla sua marcia trionfale.
Fu allora che Carla Nespolo, ancora vice-presidente dell’ANPI, prese posizione e disse No. Compì quella scelta non per calcolo, ma per convinzione. E contribuì a una vittoria insperata del movimento in difesa della Costituzione.
Dopodiché, l’anno successivo, fu eletta presidente.
Nata a Novara nel 1943 è stata la prima leader partigiana non più appartenente alla generazione di coloro che combatterono nella Guerra di Liberazione. In qualità di parlamentare aveva promosso importanti leggi dello Stato, come quella per la parità di genere sul lavoro, quella contro la violenza sessuale e quella per la riforma della scuola secondaria superiore.
La scomparsa di Carla Nespolo priva il nostro Paese di “una protagonista sempre in prima linea nella lotta per i diritti e contro l’intolleranza”, annota Renzo Balmelli nelle sue Spigolature. Perciò la vogliamo ricordare in un'immagine di qualche anno fa nella quale viene ritratta accanto alla bandiera dei partigiani mentre regge un cartello sul quale campeggia la scritta rossa: “L’Umanità al potere”.
Non è cosa da poco tener fermo a questo ideale, “L’Umanità al potere”, mentre dilaga a Occidente l’egomania, per non dire l’egolatria.
I media straboccano di notizie su chi, preda di patente fissazione narcisista, nemmeno all’interno della Casa Bianca riesce più a trattenere la propria natura sconsiderata, per la quale nulla, ma proprio nulla, va preso sul serio. L’accento va posto qui sul “nulla”, perché, oggi come ai tempi dei cultori di Nietzsche nelle birrerie bavaresi, la malattia senile della destra sovranista occidentale si chiama nichilismo.
Ma, se Washington piange, anche aldiquà dell’acqua c’è poco da ridere. E basta leggere quel che scrivono in questi giorni le testate reazionarie italiane contro la nuova enciclica eco-solidale “Tutti fratelli” dedicata da Papa Bergoglio ai temi della fraternità e dell’amicizia sociale.
Un esempio di giornalismo salviniano: sul quotidiano filo-leghista milanese Libero viene definita una “agghiacciante” sottomissione all'Islam da parte “del papa-imam Francesco”. Parole testuali: «La fratellanza, nel testo vergato dal Papa, viene intesa nel senso giacobino della fraternité, per cui Fratelli diventa sinonimo di Compagni, al punto che il pontefice giunge a definire “non intoccabile il diritto alla proprietà privata”», si legge su Libero. «Ma soprattutto, ed è ciò che più inquieta, la fraternità è interpretata dal Papa come legame, non paritario ma subalterno, con gli islamici», conclude l’organo ufficioso della Lega. Che rincara così la dose: «Non era mai accaduto finora nella storia della Chiesa che un Papa riconoscesse come sua primaria fonte di ispirazione per un'enciclica una delle massime autorità spirituali musulmane, il Grande imam di al-Azhar», sostengono costoro.
Che dire?
Lasciateci premettere, dalle colonne di questa storica testata laica e socialista, che il Grande Imam Al-Tayyib, magnifico rettore dell’Università di al-Azhar e massima autorità spirituale sunnita, è un profondo conoscitore della cultura occidentale; ha studiato alla Sorbona di Parigi, dove ha conseguito un dottorato di ricerca e dove ha insegnato come professeur invité. Ciò premesso, diciamo che, se già solo riconoscere una fonte di ispirazione musulmana valesse quale capo d’accusa per causa di “subalternità islamica”, allora a voler evitare l’imputazione bisognerebbe eliminare un bel po’ di arte, scienza e letteratura assortite, tra cui mezza tradizione medica, la numerazione araba e anche l’aristotelismo europeo, di prevalente ascendenza averroista, Dante incluso.
Passiamo al Fact checking.
Nella sua nuova enciclica (vai al testo di “Fratelli tutti” sul sito del Vaticano) papa Bergoglio cita il Grande Imam cinque volte.
La prima menzione suona come segue: «Se nella redazione della Laudato si’ ho avuto una fonte di ispirazione nel mio fratello Bartolomeo, il Patriarca ortodosso che ha proposto con molta forza la cura del creato, in questo caso mi sono sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con il quale mi sono incontrato ad Abu Dhabi per ricordare che Dio “ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro”» (p. 2).
Riassunto filo-leghista su Libero: «Deve aver sbagliato a dare titolo all'enciclica, Papa Francesco. Anziché “Fratelli tutti”, avrebbe dovuto chiamarla “Fratelli Musulmani”».
Davvero esilarante. Ma, se il passo bergogliano sopra riportato fosse islamismo da “Fratelli Musulmani”, allora lo sarebbero, quanto meno parzialmente, anche la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 («Gli uomini nascono e restano liberi ed uguali nei diritti; quindi le distinzioni sociali non possono esser fondate che sull'utilità comune»), nonché la Dichiarazione d’Indipendenza americana del 1776 («Tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità»).
Ma veniamo alla seconda menzione bergogliana: «Con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb non ignoriamo gli sviluppi positivi avvenuti nella scienza, nella tecnologia, nella medicina, nell’industria e nel benessere, soprattutto nei Paesi sviluppati. Ciò nonostante, “sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione […]. Nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi”. Segnaliamo altresì “le forti crisi politiche, l’ingiustizia e la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali. […] Nei confronti di tali crisi che portano a morire di fame milioni di bambini, già ridotti a scheletri umani – a motivo della povertà e della fame –, regna un silenzio internazionale inaccettabile”. Davanti a questo panorama, benché ci attraggano molti progressi, non riscontriamo una rotta veramente umana» (p. 8).
Francamente, non troviamo in queste parole alcun dogma, né cattolico né islamico né d’altro genere. Sembra piuttosto di leggere le opinioni correnti di una/un giovane residente in una qualsiasi località sita in un qualsiasi continente di questo pianeta. Ma le stesse opinioni potrebbero anche riflettere alcuni recenti giudizi rilasciati dal Segretario Generale dell’ONU, António Guterres. Il quale proprio in queste settimane va ripetendo, con bruciante preoccupazione, alcune tesi di cui abbiamo già riferito su un ADL precedente.
Inutile procedere nell’esame degli altre tre passi in cui Francesco menziona il Grande Imam: ciascuno può verificarli da sé andando alle pagine 35, 49 e 74 dell’enciclica papale.
Beninteso, secondo la nostra impostazione culturale è assolutamente lecito discutere e criticare tutto e tutti, ma di grazia: sulla base di argomentazioni verificabili in un dibattito condotto secondo le regole dell’onestà intellettuale. Invece, la campagna d’odio portata avanti dalla Lega e dai suoi alleati sovranisti contro questo pontefice ci appare semplicemente infondata, quanto meno per ciò che nello specifico concerne l’Enciclica “Tutti fratelli”.
Quel che a Matteo Salvini, Donald Trump e consorti dà palesemente fastidio è la resistenza culturale in rapporto alla tipica divisività del sovranismo. Per costoro la possibilità stessa della “politica” risulta impensabile senza una figura dello straniero e del nemico contro cui poter sviluppare le ben note tecniche della propaganda nazionalista (America first! Prima gli Italiani! ecc.).
Lasciate perdere Carl Schmitt e ricordate, piuttosto, Rosa Luxemburg, la quale nel 1918 scrisse intorno alla Rivoluzione Russa queste parole indelebili: «Libertà solo per i sostenitori di un governo, solo per i membri di un partito – e fossero pure numerosissimi – non è libertà. Libertà è sempre e soltanto la libertà di chi la pensa diversamente. Non per fanatismo di giustizia, ma perché tutto ciò che nella libertà politica è istruttivo, sano e purificante dipende da quest’essenza e il suo effetto fallisce qualora “libertà” diventi un privilegio».
Occorre misurare laicamente i motivi di consenso e di dissenso, non demonizzare chi la pensa diversamente. Dunque, secondo noi non è sbagliato quanto affermano il papa e l’imam quando concordano su questo punto: «Quando una determinata politica semina l’odio e la paura verso altre nazioni in nome del bene del proprio Paese, bisogna preoccuparsi, reagire in tempo e correggere immediatamente la rotta» (p. 49).
Da un punto di vista minimamente aggiornato e autenticamente laico (eco-liberale o eco-socialista poco importa) la domanda è più o meno questa: Chi se la sentirebbe oggi di negare che il dialogo e la pace tra i popoli siano il prerequisito necessario se vogliamo affrontare l’emergenza climatica in atto affinché questa non tracimi in un temibile stato d’eccezione globale?
E qui si conclude questo editoriale intitolato “L’Umanità al potere” e dedicato a Carla Federica Nespolo.
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